Radon: uno studio propone una nuova prospettiva nella valutazione del rischio
Il radon è un gas radioattivo di origine naturale che può rappresentare un serio rischio per la salute umana, soprattutto quando si accumula in concentrazioni elevate in ambienti chiusi come le nostre abitazioni, le scuole o i luoghi di lavoro. Il suo potere nocivo e cancerogeno, come è stato confermato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità è infatti la prima causa dei tumori del polmone nei non fumatori e la seconda, dopo il fumo di sigaretta, nei fumatori.
La direttiva europea 59 del 2013 stabilisce norme di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti. In questo contesto ogni Stato membro ha il compito di individuare le aree a priorità di radon, ovvero quelle aree dove in un determinato numero di abitazioni il radon supera i livelli di riferimento massimi stabiliti dalla Direttiva.
Uno studio, guidato dal Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova e da poco pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, ha proposto una nuova metodologia per la definizione delle aree a rischio radon. La ricerca, realizzata anche grazie alla collaborazione della Provincia di Bolzano, si è focalizzata sul sito pilota della Val Pusteria e ha proposto un approccio basato da un lato sulla misurazione delle concentrazioni di radon rilevato nel terreno e dall’altro sull’applicazione di una valutazione del rischio basata su alcuni fattori chiave che aumentano la vulnerabilità, primo tra tutti la popolazione presente.
“Abbiamo introdotto la semplicissima equazione del rischio che è data dal rapporto di tre fattori: la pericolosità, la vulnerabilità, quindi la propensione a subire un danno, e il valore esposto. La chiave della transizione dal pericolo al rischio è proprio nel valore esposto, perché il pericolo è una proprietà intrinseca su cui non possiamo intervenire e in questo caso è il potenziale geogenico di radon, quindi quella quantità di gas che viene potenzialmente liberata dalla Terra”, spiega Eleonora Benà, dottoranda del Dipartimento di Geoscienze e prima autrice della ricerca.
Nella definizione del rischio radon, aggiunge Benà, mappare la pericolosità geologica, quindi il potenziale geogenico di radon, è il primo passo fondamentale. A tale scopo sono state utilizzate anche tecniche di machine learning come il Random Forest che hanno preso in considerazione sia le concentrazioni di questo gas rilevate direttamente nel terreno, sia altre variabili legate alla geologia dell’area come, ad esempio, la presenza di altri gas che interagiscono con il radon facilitandone l’arrivo in superficie o la permeabilità del suolo e la densità di fratture.
Dopo aver mappato il potenziale geogenico di radon nel modo più preciso possibile i ricercatori hanno introdotto gli altri elementi dell’equazione del rischio e per valutare il valore esposto hanno utilizzato le sezioni censuarie che sono disponibili dal sito dell’Istat. Ne è risultata una mappa con tre diverse classi di rischio, differenziate proprio a seconda del valore del potenziale geologico di radon e della densità abitativa.