Terremoto in Adriatico. Di Toro: “Una fortuna che l’epicentro sia stato in mare”
Il 9 novembre alle 7.27 del mattino una scossa di terremoto di magnitudo 5.7 avvenuta al largo della costa marchigiano-pesarese è stata distintamente avvertita in molte aree del Centro e del Nord Italia. Il fatto che l’epicentro sia stato lontano dalla terraferma e che il sisma abbia avuto una profondità di otto chilometri ha contribuito a limitare i danni e a evitare che ci fossero conseguenze per le persone, ma l’evento ci ricorda ancora una volta che l’Italia è un Paese sismico e che occorrono regole stringenti per garantire la sicurezza degli edifici, soprattutto nelle aree più a rischio.
“L’evento fa parte della storia sismica di questa area del nostro Paese. Nel 1930 ci fu un terremoto di magnitudo simile che però provocò una ventina di vittime, probabilmente perché l’epicentro era più vicino alla costa. In questo caso invece l’epicentro è localizzato a circa 30 chilometri al largo di Fano”, ha spiegato Giulio Di Toro, professore ordinario del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova e tra i maggiori esperti internazionali in questo ambito di studi.
“I terremoti che avvengono nell’area costiera adriatica sono di tipo compressivo, cioè delle faglie inverse dove alcune rocce risalgono verso l’alto. Questo tipo di terremoti in Italia sono generalmente localizzati al fronte delle catene. Le Marche sono particolarmente sfortunate da questo punto di vista perché sono caratterizzate anche da terremoti di tipo distensivo dove un blocco scende rispetto all’altro: sono i classici terremoti appenninici, come quello del 2016”, prosegue il professor Di Toro.
“Un terremoto di questa magnitudo ci deve ricordare che il nostro è un Paese sismico e occorre costruire sempre rispettando la normativa in vigore e magari investendo per rinforzare le nostre abitazioni”, osserva il docente.
Il Dipartimento di Geoscienze svolge attività di ricerca sui terremoti, anche a fini applicativi, avvalendosi di tecnologie molto avanzate.
“Lo facciamo con un approccio multidisciplinare che prevede sia studi di terreno sia lo studio di campioni con diverse tecniche e attrezzature, dalle analisi microanalitiche fino all’uso di una macchina unica in Europa che consente di ricostruire e riprodurre quello che avviene in una faglia in presenza anche di fluidi. Dagli esperimenti di labatorio otteniamo dei dati che riguardano come le rocce rispondono durante il ciclo sismico e sono informazioni fondamentali anche per aspetti applicativi in un’ottica di sviluppo sostenibile”, osserva il professor Di Toro con riferimento alla geotermia.
Ma non solo. “Abbiamo dei colleghi che si occupano di come i terremoti parlano tra loro durante le sequenze sismiche, come si propagano le onde e che effetti hanno sulle strutture. Una parte fondamentale dello studio dei terremoti riguarda infatti il rischio, cioè l’esposizione che abbiamo noi come esseri umani anche in riferimento a tutte le infrastrutture e gli edifici delle nostre società”.
“Da questo punto di vista il Dipartimento è unico nel panorama nazionale. Abbiamo una copertura che riguarda sia lo studio fisico e geologico della sorgente sismica, la propagazione delle onde, fino ad arrivare agli effetti sulle strutture”, conclude il professor Di Toro.