Progetto Ice Memory: si è conclusa la campagna sul glacionevato del Calderone

La tappa del progetto Ice Memory sul glacionevato del Calderone sul Gran Sasso, il più meridionale d’Europa, si è conclusa con l’estrazione di una carota a 27,2 metri di profondità, la cui analisi chimica permetterà di ricostruire il passato climatico e ambientale del massiccio e delle regioni circostanti.
Alla missione, organizzata dall'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e dall'Università Ca' Foscari Venezia, in collaborazione con l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), l’Università degli Studi di Padova e le società Georicerche e Engeoneering, ha dato un fondamentale contributo il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (VVF), che ha messo a disposizione mezzi e personale dei reparti Volo di Pescara e Roma Ciampino per raggiungere la conca del ghiacciaio, ai piedi del Corno Grande, a 2.673 metri di quota.
Le operazioni sono state agevolate dall’apertura straordinaria del rifugio Franchetti, di proprietà del Club alpino italiano (Cai) di Roma, dal supporto operativo da parte del Soccorso alpino abruzzese e del Comune di Pietracamela.
Il carotiere ha toccato la roccia basale del glacio-nevato del Gran Sasso a 27,2 metri di profondità, aggiornando la stima di 26 metri realizzata dallo stesso team nelle settimane scorse, grazie all’indagine geofisica che ha permesso di individuare il punto più promettente per la perforazione.
Il Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova si è occupato delle prospezioni geofisiche del ghiacciaio, in collaborazione con l'INGV, al fine di determinare le caratteristiche dello stesso ed individuare la zona più idonea a ospitare il sito di perforazione.
Più nel dettaglio l’INGV si è occupato di misure Radar, mentre l’Università di Padova si è dedicata alle misure elettromagnetiche e nella prima fase della missione, nel mese di marzo, era presente sul posto il professor Jacopo Boaga.
Una volta terminata la fase preliminare di analisi dei campioni e verificata la conservazione della stratigrafia e dei segnali climatici ed ambientali, la carota sarà messa a disposizione del programma internazionale Ice Memory e quindi trasferita in Antartide, in una base a 3.000 metri di quota individuata come sito di stoccaggio.