La collina del Castello di Udine non è naturale: è stata realizzata durante l’età del Bronzo per mano umana
Il Colle del Castello di Udine non ha un’origine naturale ma è stato costruito dall’uomo in epoca pre-romana, probabilmente durante l’età del Bronzo, tra 3.500 e 3.000 anni fa.
La straordinaria scoperta, a cui si è arrivati grazie alle analisi coordinate da Alessandro Fontana, professore associato del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, ha escluso la possibilità che la collina si sia formata attraverso processi geologici naturali e, stabilendone la natura artificiale, ha portato il tumulo ad essere probabilmente il più grande in tutta Europa. I risultati di questa ricerca, finanziata dalla soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia e dal comune di Udine è stata appena pubblicata sulla rivista Scientific Reports.
Le indagini archeologiche e geotecniche erano iniziate su richiesta della Soprintendenza Archeologica in seguito alla presentazione, da parte del Comune di Udine, di un progetto per la costruzione di due ascensori che collegassero il centro cittadino con il Castello. Da qui ha preso il via uno studio multidisciplinare, in collaborazione anche con i Musei di Udine, che ha portato a documentare come il colle sia quello che in linguaggio archeologico viene chiamato “mound”, ossia un rilievo costruito dall’uomo.
Gli strati di ghiaie e argille che costituiscono il colle non sono infatti disposti secondo una sequenza naturale, ma sono stati accumulati artificialmente, utilizzando materiale di riporto in larga parte proveniente dalla zona che ora corrisponde a Piazza I Maggio. La scoperta è dunque eccezionale in quanto il colle artificiale di Udine costituisce un unicum, senza confronti in Italia ed è probabilmente il più grande di tutta Europa, visto che, con un volume di oltre 400 mila metri cubi, supera anche il tumulo di Silbury, nel sud dell’Inghilterra. Le motivazioni che spinsero gli uomini dell’età del Bronzo ad eseguire un’opera di tale portata restano tuttora sconosciute ma quanto emerso sembra anche ricollegarsi alla leggenda popolare, secondo cui la collina era stata realizzata dai soldati di Attila nella metà del V sec. d.C. affinché egli potesse vedere l'incendio di Aquileia da loro conquistata. “Analizzando le carote abbiamo capito che in realtà sotto il Colle non c’era della roccia ma un’alternanza di ghiaie e argille”, spiega il professor Fontana aggiungendo che i dati dei carotaggi, unite alle informazioni del contenuto pollinico e a una grande quantità di dati pregressi, hanno consentito di estendere i risultati all’intera collina. “Per capire meglio quale sia la stratificazione interna e se ci siano delle strutture particolari la Soprintendenza Archeologica del Friuli Venezia Giulia ha finanziato dei nuovi carotaggi e nuove indagini che sono attualmente in corso. Ci aspettiamo quindi di avere ulteriori informazioni sugli interrogativi che sono ancora irrisolti”.
“Il Dipartimento di Geoscienze ha una discreta tradizione negli gli studi geoarcheologici che hanno l’obiettivo è aiutare a comprendere le questioni dell’archeologia applicando i mezzi e gli strumenti della geologia. Studiando in dettaglio le stratigrafie, le proprietà fisiche, chimiche e paleo-ecologiche che sono archiviate nei sedimenti riusciamo in molti casi a capire se c’è stato un impatto da parte dell’uomo, se c’erano componenti ambientali importanti, come il clima o i fiumi. In collaborazione con gli archeologici possiamo così comprendere bene quale è stato il rapporto tra uomo e ambiente anche nel passato”, osserva Fontana.
“Adesso sono soprattutto gli archeologi che dovranno capire perché sia stata costruita una collina così grande e quali fossero le sue funzioni”, conclude il docente del Dipartimento di Geoscienze.