Formazione ed evoluzione del tubo di lava di La Corona (Lanzarote)
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I tubi di lava sono un particolare tipo di grotte vulcaniche formate da colate laviche poco viscose, questi tubi possono formarsi per crusting-over, quando a tetto del flusso di lava si forma una crosta dura, oppure per inflation, quando la nuova colata si insinua tra due colate preesistenti. Ciò che ne risulta è una struttura termicamente molto efficiente, dove la lava termicamente isolata dall’esterno può così percorrere grandi distanze attraverso i campi di lava, prima di raffreddarsi.
Sulla Terra i tubi di lava si trovano facilmente all’interno di campi lavici di plateau intercontinentali e nelle isole a scudo vulcanico caratterizzate da pendii dolci (es. Hawaii, Canarie, Islanda, ecc.), ma sono stati riconosciuti anche sulla superficie di altri corpi rocciosi del Sistema Solare come Marte e Luna.
Il crescente interesse per lo studio dei grandi tubi di lava terrestri è motivato in parte dalla loro analogia con le loro controparti extraterrestri: le similitudini tra vulcanismo basaltico terrestre e su altri corpi rocciosi hanno fatto così ipotizzare che i tubi di lava abbiano morfologie e origini simili tra loro.
Uno studio, guidato dal dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova e recentemente pubblicato su JGR Solid Earth, si è concentrato sul tubo di lava La Corona (Lanzarote, Isole Canarie, Spagna), uno tra i più grandi presenti sulla Terra, allo scopo di indagare come la stratigrafia preesistente possa governare l'evoluzione di un tubo lavico.
Lo studio comparato tra tubi di lava terrestri e non è stato possibile solo in tempi relativamente recenti, con importanti implicazioni sullo studio della vulcanologia planetaria, dell'abitabilità e dell'astrobiologia.
Infatti, nell'ultimo decennio, grazie ad immagini orbitali ad alta risoluzione su corpi planetari come Marte e Luna è stato possibile studiare la morfologia di queste strutture, rilevandole e riconoscendole grazie alla presenza di crolli ricorrenti nel tetto del tubo lavico stesso. Questi colli sono facilmente riconoscibili dalle immagini superficiali e permettono una facile individuazione dei tubi, e spesso seguendo gli allineamenti dei crolli è possibile ricostruire il percorso del tubo stesso.
Le differenze di gravità tra la Terra e gli altri corpi planetari hanno determinato una notevole differenza nelle dimensioni dei tubi di lava, infatti, i tubi di lava terrestri tendono generalmente ad essere di 2 o 3 ordini di grandezza più piccoli (10–30 m) rispetto a quelli marziani (250–400 m) e lunari (500–1100 m), dove grazie alla minor gravità i tassi di eruzione sono stati maggiori e le volte dei tubi sono più stabili.
Sul tubo di La Corona sono stati condotti degli studi multidisciplinari, combinando la tecnologia TLS (terrestrial laser scanner) con osservazioni sul campo e analisi geochimiche: questo ha permesso ai ricercatori di ricostruire la geometria tridimensionale del sistema lavico, la paleo-topografia e le unità vulcaniche in cui il tubo ha scavato il suo percorso. I risultati di queto lavoro mostrano come uno strato piroclastico caratterizzante il tubo La Corona abbia giocato un ruolo chiave nello sviluppo del tubo lavico stesso. Questo strato - prodotto dall'attività stromboliana tardo quaternaria, che ha preceduto l'attività effusiva - è rintracciabile lungo quasi l'intera lunghezza del percorso del tubo e ne definisce la paleo-topografia. Il processo di scavo che ha permesso al tubo di impostarsi e ampliarsi è avvenuto principalmente a causa della resistenza termo-meccanica del substrato roccioso al flusso di lava che lo attraversa.
Nei campi di lava extraterrestri strati deboli come le piroclastiti sono facilmente sostituiti dalla regolite per questo motivo, i processi osservati a La Corona potrebbero essere altamente rilevanti per lo sviluppo di tubi di lava planetari.
Un altro importante aspetto è la fase di post-raffreddamento, quando i tubi di lava sono caratterizzati da una temperatura interna pressoché costante e, su altri corpi planetari, potrebbero offrire una protezione naturale contro le micrometeoriti e le radiazioni solari e cosmiche rendendoli luoghi ideali per future esplorazioni planetarie. In questo quadro, è interessante studiare i più grandi tubi di lava sulla Terra in quanto potrebbero rappresentare i migliori analoghi planetari. Pertanto, al fine di utilizzare i tubi di lava come luoghi per future esplorazioni, è importante capire esattamente come si formano e si sviluppano non solo durante la fase attiva (fase di flusso), ma anche e soprattutto durante la fase di post-raffreddamento.
“La peculiarità dei tubi di lava è che esistono non solo sul nostro pianeta ma anche su altri corpi del nostro sistema solare, come Marte e la Luna. Abbiamo studiato il tubo di lava di La Corona perché è uno dei più grandi al mondo e ci interessa capire come questo tipo di strutture di grandi dimensioni si formano per poterle comparare a quelle marziane e lunari”, ha spiegato Ilaria Tomasi, dottoranda del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova e prima autrice di questo studio.
Un’altra particolarità del tubo di La Corona è quello di avere al suo interno un livello di piroclastiti rosse che si può facilmente seguire lungo tutto il percorso del tunnel. “Quello che abbiamo scoperto nella nostra ricerca è che questo strato ha effettivamente avuto un ruolo importante nello sviluppo del tubo. L’importanza della presenza di questo strato è ancora maggiore se pensiamo ai tubi extraterrestri dove degli strati simili, anziché essere composti da piroclastite, potrebbero essere formati da regolite e costituire degli strati di fragilità che la lava può aver sfruttato per inettarsi e formare queste strutture”, ha aggiunto Ilaria Tomasi.
Questo lavoro è stato condotto anche dal Prof. Matteo Massironi e dalla Prof.ssa Christine Marie Meyzen del Dipartimento di Geoscienze di Padova, dal Dr. Francesco Sauro del Dipartimento BiGeA di Bologna, dal Dr. Riccardo Pozzobon del CISAS-Padova e dal Dr. Luca Penasa dell’INAF Padova, in collaborazione con un team internazionale composto dal Prof. Jésùs Martinez-Frìas dell’Instituto de Geosciences-IGEO (CSIC-UCM, Madrid, Spain), da Gustavo D. Santana Gomez del Vulcan Vertical Espeleologias y Barrancos (Arrecife, Spain), dal Dr. Tommaso Santagata di VIGEA (Virtual Geographic Agency - Reggio Emilia, Italy) e da Dr. Matteo Tonello.